Vincitrice lettera verde 2018
Pesaro, 27/7/2018
Calcolo i passi che ho compiuto con voi, ma perdo il conto appena mi spingo oltre la terza estate in montagna. Una mappa di rocce, ghiaioni e torrenti.
Richiamo alla memoria la forma arrotondata della punta e lo spessore della tomaia, mi arriva dritto l’odore del grasso di foca, antidoto alla pioggia e al vento feroce.
Siete scarponi d’altri tempi, di quelli che oggi si possono trovare esposti nei musei di montagna o nascosti nel fondo polveroso di una cantina.
Nessuna tecnologia dei materiali. Cuoio marrone e lacci rossi in asole di metallo. Tecnologia della fatica e del richiamo alle altezze.
Vi ho trovato in Val Passiria, accompagnata da mio padre che la montagna la amava e la viveva.
Voleva che anch’io potessi amare le cime a cominciare dai piedi.
Uscii orgogliosa da quel negozio: addosso gli stessi scarponi di mio padre, solo di misura inferiore.
Addosso la stessa determinazione a percorrere tracce odorose di bosco e discese rotolanti di sassi.
Negli occhi lo stesso richiamo d’azzurro.
Caro papà, ti sei messo davanti a me e siamo partiti.
Sulle spalle le cinghie dello zaino, ruvide e informi come il mio carattere di ragazzina.
Dentro solo l’essenziale: ho imparato presto cosa tenere e cosa lasciare ad altri.
Le mie orme calcavano quelle già impresse davanti a me, le mie suole dietro le tue.Il mio fedele Armadukmi chiamavi.
Nella libertà conquistata da adulta, ho apprezzato i lacci che mi hanno stretto da bambina: il limite imposto da chi mi ha amato mi ha liberato la strada.
Poche parole sono bastate per sapere chi ero: esortavano a salire, in bilico sotto le nuvole.
Pochi gesti sono serviti per indicarmi la direzione: puntare in alto, tenendo lo sguardo fisso sui passi.
Caro papà, mi hai insegnato il ritmo da dare allo sforzo: uno due tre.
Mi batteva in testa, come un tamburo: un tempo scandito tra i denti.
Contavo per tre, facevo ordine nei fatti inesperti dell’inverno appena trascorso.
Uno due tre: lo studio, gli amici, i progetti.
Uno due tre: i libri letti, quelli amati e quelli allontanati.
Uno due tre: le liti, i pianti gli abbracci.
Tre tempi, come le età della vita.
Tu ne hai vissuti solo due: la maturità appena raggiunta ti ha strappato dalle cime e fiaccato su un letto.
Ma il tempo dato è stato sufficiente per insegnarmi l’oriente e a camminare diritta.
Non sempre ho puntato a una meta precisa; talvolta ho sviato per il gusto della sfida, altre mi sono fermata per incapacità di scelta.
Poi il tonfo cadenzato dei tuoi scarponi sul sentiero mi ha riportato indietro e sono ripartita.
Caro papà, anche questa estate legherò stretti i lacci alle asole di metallo e mi metterò in cammino.
Tua Armaduk
Silvia Zucchini
