Edizione 2018
Consegna del premio speciale LETTERA VERDE
Perché non solo il futuro del pianeta, ma anche il nostro, possa migliorare, uno stile di vita sostenibile, consapevole e attento a chi, o a cosa, ci sta vicino merita uno speciale riconoscimento.
Per questo, durante lo spettacolo di premiazione di domenica 7 ottobre alle 16 presso il Teatro Filodrammatici, sarà assegnato alla lettera che più rappresenta questi valori il premio speciale LETTERA VERDE, nato grazie alla collaborazione con ABenergie: un nuovo momento ricco di emozioni e spunti di riflessione sulle scelte che possiamo compiere per migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda.
Le Migliori Lettere, domenica 7 ottobre, ore 16, Teatro Filodrammatici.
Amici del festival
L’inconfondibile voce di Fabio Caressa racconta la storia di Vincenzo Boni

È la voce che siamo abituati a sentire quando si parla di calcio, grande sostenitore della Roma.
In occasione di Lettere e Sport però Fabio Caressa si è fatto interprete delle parole di un super-tifoso del Napoli e campione plurimedagliato di tutt’altro sport, il nuoto paralimpico.
Vincenzo Boni è l’autore di questa lettera, una lettera che già dall’incipit appare forte, dura ma densa di valori positivi.
Ciao BASTARDA,
e lascio a te la libera interpretazione del termine, ma non potrà che essere qualcosa di dispregiativo.
Dalle mie parti con questo termine si indica anche chi non ha genitori, ed in effetti questa cosa ti si addice molto.
Anche tu sei orfana, di padre, di madre, di tutto, ma a quanto pare a te la cosa non pesa affatto.
Oltre che bastarda hai la fortuna di essere la capostipite di una nuova famiglia, con me il tuo primo ed unico figlio: bella famiglia di merda, mi verrebbe da dire…
Hai deciso di adottarmi 24 anni fa, quando io di anni ne avevo solo 6, privandomi della spensieratezza che contraddistingue un bambino a quella età, rendendo tutto in salita in quegli anni dove bisogna piangere solo perché ci si è sbucciati le ginocchia, e non mentre senti un ago che ti perfora la schiena.
È poco dopo questo episodio che io e te ci siamo conosciuti. Charcot Marie Tooth ti chiamavi, ma per me eri e sarai la bastarda!
Il primo caso nella mia famiglia, prima di me nessuno aveva avuto il dispiacere di incontrarti…
“Ci vuole culo”, ho iniziato a pensare anni dopo, mentre cominciavo ad avere più coscienza di cosa mi avessi privato…
Non hai minimamente idea di quante volte ho imprecato contro di te, fino ad addormentarmi, piangendo… mentre ti maledicevo.
“Grazie” a te ho imparato fin da piccolo cosa vuol dire essere guardato con occhi diversi, sentir mormorare gli altri che evidenziavano ciò che avevo di diverso rispetto a loro, e sapevo bene che nessuno poteva far nulla per affievolire il mio malessere.
Così come fanno i pugili incassavo e portavo a casa. Incassa oggi, incassa domani, imparai a creare la mia corazza. Forse era scritto da qualche parte che io e te dovessimo incontrarci. Nel destino, nelle stelle, chissà. Ma dopo 24 anni posso dire che forse qualcosa di buono sei riuscita a fare… senza te non sarei ciò che sono adesso. Hai reso la mia visione delle cose totalmente diversa rispetto a quella degli altri. I valori, il modo di vedere il mondo, non sono quelli di un ragazzo “normale”, ne sono consapevole. Ma soprattutto sai, bastarda, se oggi ho qualcosa da raccontare, se agli occhi degli altri sono una persona interessante per ciò che faccio e per come lo faccio, credo che questo sia frutto degli insegnamenti da te impartiti. Volente o nolente qualcosa me l’hai insegnato, e non so dirti se ora son più le cose a cui ho rinunciato a causa tua, o quelle che ho conquistato da quando sei con me, ma fatto sta che per il resto della mia vita sarai tu a condizionare le mie scelte, i miei pensieri e la mia quotidianità.
Ho realizzato gran parte dei miei sogni, visitato luoghi e sentito profumi che pensavo irraggiungibili e inimmaginabili, e questo mi costa ammetterlo, ma lo devo a te.
Sia chiaro bastarda non ti sto ringraziando per aver scelto me, questo non accadrà mai, ma che negli ultimi anni ce l’abbia un po’ meno con te, si, questo posso dirtelo.
Amici del festival
Caro Sport… Matteo Caccia interpreta le parole di un Campione del mondo

Daniele Cassioli è uno degli sportivi che, in occasione dell’edizione del Festival delle lettere dedicata al cambiamento, ha scelto di raccontarsi e condividere la sua storia con gli amanti della scrittura epistolare.
Daniele scrive allo sport: passione, valvola di sfogo e professione, che lo ha aiutato a scoprire il mondo pur se privato della vista fin dalla nascita. Ad emozionare il pubblico del Festival con l’interpretazione del pluricampione del mondo di sci nautico è stato Matteo Caccia.
Caro sport,
ho deciso di scriverti come si fa con un amico.
Sei un dono a vantaggio degli umani perché possano dimostrare il proprio valore. Come la musica o l’arte, sei un’ancora di salvezza che permette a tutti noi di elevarci, esaltarci e lasciare qualcosa a chi poi verrà.
Tu, caro sport, sei la dimostrazione che il bene c’è. Sei la manifestazione più vera del fatto che l’uomo, se vuole, sa essere straordinario.
Ti conosco da tantissimo tempo, già poco dopo essere nato ho iniziato a nutrirmi di te: mi arrampicavo sugli alberi, per mano a qualche bambino inseguivo i nostri compagni, facevo gli scivoli e andavo sull’altalena.
Dopo averti conosciuto sotto forma di gioco ho voluto approfondire il nostro rapporto e ho iniziato a nuotare. In acqua mi sentivo più protetto e gli ostacoli non rappresentavano più una paura.
Poi mi sono spostato al karate e, a 9 anni, ho conosciuto lo sci.
Non ti ho detto che sono cieco dalla nascita e una delle più profonde crisi che ebbi da piccolo fu perché non potevo giocare a pallone con i miei amici. Da subito mi hai messo di fronte a ciò che sono, senza impedirmi di conoscerti: tiravo le punizioni, i calci di rigore… Tutto ciò che si potesse battere da fermo era mio.
Quando questo tipo di forma che ti rappresenta non mi è più bastata, ho iniziato la mia avventura sugli sci. Prima quello alpino dove chi non vede ha una guida che ti indica dove andare.
Qualche mese dopo, una mia amica mi ha presentato lo sci nautico.
Lo chiamano sport individuale ma di individuale c’è solo il momento della competizione. Allenamenti e trasferte si fanno tutti insieme. È lì che ho imparato come smontare una carrozzina, è lì che ho toccato le prime protesi dentro ai jeans dei miei compagni negli spogliatoi e, sempre nelle trasferte, ho imparato ad allacciare i bottoni anche a chi mi stava di fronte, ai miei colleghi che hanno una sola mano o magari nemmeno quella! Queste esperienze mi hanno insegnato che tu valuti la parte piena del bicchiere di ognuno di noi, quella che spesso ci dimentichiamo di avere.
Spesso le persone mi chiamavano per le mie mancanze e quando passavo si dicevano sotto voce: “Guarda, quello non ci vede”. Tu questo non l’hai mai fatto! Mi hai teso la mano.
Insieme abbiamo vinto 22 titoli mondiali e 20 europei. E il nostro rapporto di fratellanza non è ancora finito! Anche un “difetto” come la cecità, grazie a te, è stato ridimensionato. Adesso, i due che parlavano a bassa voce si dicono: “Guarda, quello è il campione del mondo di sci nautico!”.
Mi hai regalato autostima, amici, conoscenza e capacità di rispettare le regole, dolori, gioie e tanta consapevolezza. Ti sei fatto ascoltare.
Ti ho sentito nel suono della pallina da tennis colpita prima da uno e poi dall’altro giocatore. Quella di Sampras e Agassi. Ti ho sentito nei rimbalzi del pallone sul parquet o sul ferro nell’anno della stella di Varese e dell’Europeo azzurro. Mi sei stato accanto con il rombo dei motori della grande Ferrari o della moto di Valentino, con i cori del 2006 e mi hai regalato un quarto di secolo di Francesco Totti che, per un romanista come me, sono stati oro! Insomma, la mia vita è da sempre piena di te: rumori, emozioni, sudore, ricordi. Di te mi sono sporcato le mani, con te mi sono sbucciato le ginocchia e grazie al tuo aiuto mi sono gustato fino in fondo la vita.
Sei una medicina sana, di quelle che non hanno effetti collaterali!
Per questo, caro sport, ti ringrazio e ti abbraccio con tutta la forza che ho.
Sei un amico, un fratello, un salvatore.
Ti amo con tutto il cuore.
Daniele.
Amici del festival
Annagaia Marchioro libera le emozioni di Lettera dal carcere

Lettera da Carcere è la categoria fuori concorso che offre ai detenuti e alle loro emozioni una via di fuga dalla propria quotidianità, la possibilità di affidare i propri pensieri e le proprie storie alla carta e all’inchiostro.
In occasione dello spettacolo conclusivo della XIV edizione del Festival è stata Annagaia Marchioro ad interpretare, con la sua voce vivace e avvolgente, la lettera di Gloria B., vincitrice di questa speciale sezione.
Caro Carcere,
mai avrei pensato di definirti così. E non sempre è così, ma mi rendo conto che se non ci fosse stato questo stand-by nella mia vita probabilmente ora di caro non avrei più nulla.
In queste quattro mura rivedi tutta la tua vita in un grande flashback di quello che eri, sei stata e ora sei e prendi consapevolezza di aver sbagliato tutto e che forse l’unico vero giorno fortunato è stato quando, ammanettata, sei stata sbattuta in una celletta della questura per poi essere portata in carcere. Niente droga e telefono, frastornata e spaventata perché non sai quello che sarà di te. Passano lentamente i primi giorni e non realizzi, non ci credi “SONO IN GALERA? STO DORMENDO? È SOLO UN INCUBO!”. Invece no, passano i mesi, inizi a capire che non sei più a casa tua a far quello che vuoi, quando vuoi, ma ci sono delle regole, orari e soprattutto agenti, che come ti possono dare ti possono togliere.
E da qui incominci a capire: a cosa servono le regole, cos’è il rispetto. Cresci un’altra volta, senza la mammina e il papà che ti coccolano nella tua cameretta sempre riordinata da qualcun altro. Cresci perché devi farlo, devi vivere e condividere il poco che hai con persone che non hai scelto e che non ti hanno scelto. Impari a mangiare quello che ti viene servito, altrimenti nulla, impari ad apprezzare e ringraziare per il piatto di pasta che solo qualche mese prima per qualche motivo stupido avevi disprezzato e buttato via.
Ripensi a tutti i soldi buttati via nei bar, nella droga, soldi che ora avresti per pagare un avvocato o un pacco di caffè. Ringrazi per il mese in cui ti viene dato un lavoro e non dovrai gravare sulle spalle del tuo compagno o di tuo padre per pagare economicamente una piccola parte del tuo reato. E intanto rimpiangi il lavoro sicuro che avevi prima di metterti in mezzo alla strada a vendere “merda” alla gente, quella stessa “merda” che si è impossessata della tua vita.
Da un giorno all’altro ti trovi nudo, inerme, privo di tutto. Tu con la tua coscienza, con i tuoi errori che ti soffocano tutto il giorno, con la domanda “PERCHÉ”, che non ti fa dormire la notte. Claustrofobia, ipocondria. Stai male e puoi, anzi devi, prendertela solo con te stessa.
Non esistono “scuse” in carcere, non esiste “ma”, in carcere esisti solo tu contro tutti i tuoi demoni. E piano piano prendi consapevolezza, con l’aiuto di una concellina a cui ti sei affezionata, di un’assistente autoritaria che però ti ascolta, di dottori, di assistenti sociali, psicologi, persone che ti fanno vedere quello che non eri capace di vedere prima. Stai male e soffri, ma soffri per le tue scelte e stai male perché prendi consapevolezza che, oltre a te stessa, sai d’aver fatto male anche alle persone che ami. E nonostante la delusione che hai dato loro si presentano sempre ai tuoi colloqui, ti mettono le tue brioches preferite nel pacco e ti fanno sentire amata nonostante tutto.
Caro Carcere, grazie per avermi aperto gli occhi, anche se per te di lacrime ne ho versate tante, davvero tante. Grazie per avermi fatto vedere la “persona” che ero diventata e per avermi ridato la possibilità di riscattarmi, di ricominciare. Grazie per avermi dato la possibilità di rinascere un’altra volta.
Ma adesso tocca a me!
Gloria
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