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Edizione 2008

Lettera d’oro 2008

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LETTERA A UN BUGIARDO

di Giuseppe Olgiati

Spett.le I.N.P.S
Istituto Nazionale Previdenza Sociale
Sede di Legnano
c.a. Gent.le Sig.ra Giovanna Malerba

Legnano, 13 marzo 2008

Gentile signora Malerba, le comunico che ho presentato domanda di pensione tramite il patronato: ho paura del mio futuro e di tutti i politici che si occupano più dei lavoratori che vorrebbero andare in pensione, trattandoli da parassiti, che dei delinquenti.

L’incertezza è una tortura nei confronti di chi chiede aiuto alla comunità dopo che le ha dato il suo sostegno per tutta la vita.

Sono un operaio addetto al montaggio di un congegno meccanico e il mio compito è quello di introdurre un prigioniero in un basamento. Che cos’è il “prigioniero”? È un chiodo. Si chiama prigioniero come me: infatti sono prigioniero di questo lavoro da quando sono entrato nella ditta. Il lavoro è facile e subito mi sono adattato, forse perché sono pigro e nella vita preferisco la semplicità.

Ho fatto il conto di quanti chiodi ho piantato nella mia vita: 360 chiodi l’ora, 14.400 chiodi la settimana, 633.600 chiodi l’anno. Totale 24 milioni di chiodi da quando lavoro. Un chiodo è lungo cinque centimetri: una fila di 1.200 chilometri. È come se una tartaruga mettesse in fila chiodi, uno davanti all’altro, dalle Alpi alla Sicilia.

Piantare chiodi mi dà uno stipendio ed essendo il mio un lavoro ripetitivo ne ho tratto un altro vantaggio: mi permette, mentre lavoro, di andare via con l’immaginazione.

I miei compagni di lavoro dicono che sono matto perché parlo da solo. In parte hanno ragione infatti, alla sera, recito come attore in una piccola compagnia e allora, di giorno mentre pianto chiodi, ripeto all’infinito la mia parte così poi in scena le parole verranno quasi da sole. Ho interpretato persino il personaggio di Macbeth, sa la tragedia di Shakespeare, ma il ruolo più impegnativo è quello della mia amica che fa Lady Macbeth.

Picchio un chiodo e recito una battuta, picchio un altro chiodo, un’altra battuta. Poi, nell’intervallo, studio la parte successiva che ripeterò con il ritmo del piantare i chiodi.

Forse qualche anno fa potevo definirmi uno schiavo. No, oggi no, posso affermare che sono fortunato: ho un lavoro. Capita che uno si ammazzi per aver perso il posto d’operaio.

Ora dovrei andare in pensione ma devo aspettare la “finestra”. Che cos’è la finestra? È la finestra attraverso la quale guarderò la libertà?

Ma la finestra si aprirà ad ottobre, no, forse si aprirà a luglio dell’anno prossimo.

Perché non mi dice la verità? Che non ci sono più soldi? Che se li sono rubati quelli che in pensione sono andati all’età di trentacinque anni e i falsi invalidi, ladri patentati?

Signora Malerba, la smetta di dire bugie. Mi dica quando andrò in pensione: lei non pensa che bastino 38 anni di lavoro, di questo lavoro? Perché ogni volta che pianto un chiodo è come se lo piantassi nella mano. Desidero solo sapere quando finirà tutto questo e potrò dedicarmi alla passione della mia vita: la recitazione.

Suo devotissimo,
Giuseppe Olgiati

 

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