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2018 | Lettera a chi ha cambiato la mia storia

Sara Tittarelli

Lettera finalista nella categoria Lettera a chi ha cambiato la mia storia.

Recanati, ore 1.30 di una notte insonne

Due anni. Saranno passati due anni esatti da quando tu non ci sei più e io domattina, presa in contropiede dalla sveglia che suona puntuale alle 7 e dieci, tra l’odore del caffè d’orzo bollente di papà e le ultime raccomandazioni di mamma che stridono con il mio supplicante “Ancora cinque minuti!”, a piedi scalzi ed occhi impastati di sonno, mi trascinerò a spalancare la finestra, per poi restare lì davanti, sospesa, uno o due minuti, prima di correre la giornata. Un momento solo per me, a godere di un sole di cui avresti dovuto godere anche tu, nel fiore dei tuoi sette anni, o forse – e così preannuncia il meteo – ad assaporare ogni minima goccia di pioggia che ovatta l’atmosfera, scivola sul vetro per assumere sembianze liquefatte ed, infine, offre quell’inconfondibile odore di terra bagnata. E ti vedrò nel cielo e nell’aria, proprio come quella stella di glicerina gialla profumata che mi hai regalato e che ora riposa in un angolo del mio studio accanto al segnalibro dell’Expo di Milano, il portachiavi a forma di S con i colori della bandiera inglese e la matita del Museo Ferrari di Maranello a cui non trovo ancora il coraggio di fare la punta: i tuoi doni, inviolabili, che la mia gelosia custodisce e protegge da sguardi curiosi e dall’incalzare del tempo. E poi, ancora, seduto di fianco a me al tavolo della mensa, a fregarmi di nascosto il pane integrale riservato esclusivamente agli adulti o a mangiare tutte quelle fettine impanate al forno (ma niente verdure… e io, da pessima mangiatrice di insalata, beh, non potevo biasimarti!). E poi nei corridoi della scuola durante la ricreazione, mentre scorrazzavi con la tua ruspa giocattolo preferita inseguito dall’esuberanza degli altri maschietti, o su quel quaderno di matematica a trasformare quelle cifre in “numeri con la fantasia”, dove il 7 per te era diventato un’intricata rete di strade di città e l’8 un buffo mostriciattolo verde… Chissà ora la tua viva intelligenza cosa avrebbe partorito con le tabelline? E chissà se sorriderai nel vedere il tuo banco rimpinzato di dediche, fotografie e disegni, alcuni dei quali inzuppati dall’acqua dei fiori, caduti per un movimento maldestro. Il tuo bicchiere giallo, i regoli, la scatola dei tappi per contare sono ancora lì, intangibili se non dalla polvere. Quella stessa polvere che, quotidianamente, ci ostiniamo a mandar via solo per uno scopo: litigare per poi occupare quella che è diventata la nostra postazione preferita. La tua. Ho tentato di dare un senso alla tua assenza cercandoti e riconoscendoti nella genuinità degli occhi dei tuoi compagni i cui pensieri sono sempre indirizzati a te: nei giochi, nella preghiera del mattino e persino durante le lezioni, quando in scienze parliamo dei 5 sensi e tu ci avevi raccontato, tra i nostri sguardi affascinati, del nesso tra orecchio ed equilibrio: “Ti ricordi maestra? Questo l’aveva detto Giosuè!”. Ho tentato di dare un senso alla tua scomparsa inseguendoti in quei loro occhi, a volte disorientati, ma che hanno sempre creduto in chi li protegge; se guardo in quelli dei grandi, vedo nuda e cruda quella verità che nel tempo ho tentato di affogare nei singhiozzi, rimproverando me stessa per non aver colto una ruga stanca, un sorriso smorzato, una richiesta d’aiuto inespressa. Ho tentato di dare un senso alla tua scomparsa facendo spazio nel mio giovane e inesperto cuore di ragazza trentenne, alle prese con la sua prima classe in ruolo, ad un segreto pezzettino di te: un cuore alla glicerina rosa profumata di tua produzione, che mi avevi donato con il tuo piccolo-grande cuore da bambino. Un cuore alla glicerina che ora profuma di te e un po’ della mia nuova me. Io non lo so dove vanno le anime dopo la morte, se c’è un prato dove stai scorrazzando con la tua ruspa verde dal cassone giallo o saltellando mentre imiti i ranocchietti insieme agli angeli, se c’è un promontorio dal quale stai scrivendo il nostro futuro con la matita della Ferrari senza punta o da cui ci osservi divertito mentre i tuoi compagni mi raccontano nell’ilarità generale che sono talmente ossessionati dalle divisioni da sognarsele di notte. Ma so per certo che tu sei sempre qui accanto a noi, in ogni nostra litigata, abbraccio, sorriso, incoraggiamento e respiro. E io, domattina, aprendo le persiane della mia stanza, tra qualche lacrima che ora mi impedisce di prender sonno, sorriderò nel pensare al tuo nome. Mi manchi tanto tesoro… Ti voglio bene Giò, La tua inesperta maestra Sara

 

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