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2018 | Lettera a chi ha cambiato la mia storia

Salvatore Roberto Perricciolo

Lettera finalista nella categoria Lettera dal carcere.

Lì: nell’abisso del mio cuore
addì: da sempre e per sempre

Cuore del mio cuore, carne della mia carne, mio dolce bambino tu non sei ancora nato ma io mi sento già padre. Forse ho deciso di inviarti questa lettera, che di certo sarà la prima che qualcuno ti abbia mai scritto, perché quando nascerai io non ci sarò.
La vita è ben strana, tu arrivi proprio quando io sono appena andato via dalla “vita” e pare dovrò stare lontano da voi per molti lustri e potrò viverti solo quando avrai oltre 20 anni, forse riuscirò a venire al tuo compleanno di 18 anni se mi comporterò bene. Così non sentirai la mia mano che ti accarezza attraverso tua madre quando scatteranno la tua prima foto mentre nuoti beato nel suo grembo; non vedrai me quando spalancherai gli occhi su questo pazzo mondo così diverso dall’ambiente ovattato in cui germogliati ed urlerai dallo sgomento, ma non temere troppo figlio mio perché la vita è bella e ti regalerà grandi gioie interrotte a volte da piccoli dolori che ti sembreranno insormontabili solo perché chi soffre crede di essere l’unico a farlo e di farlo come nessun altro. Non sarò io a mettere un soldino sotto il tuo cuscino per aiutar la fatina dei denti o i regali sotto l’albero di Natale per coadiuvare un buon vecchietto dalla barba bianca. Non correrai tra le mie braccia per consolarti di un ginocchio sbucciato, per proteggerti dal mostro che ti minaccia nel buio della tua cameretta o solo per sentirti meno solo quando crescendo un amico ti deluderà o un amore ti lascerà.
E io muoio già da ora figlio mio, muoio di mille morti per ogni volta che non potrò accarezzarti, consolarti, curarti, sgridarti, insomma amarti! Forse è proprio questo il motivo che mi induce a scriverti oggi, prima di conoscerci, prima che tu possa perire nelle mie stesse morti. Vedi amore mio, mi chiedo se sia giusto condannare anche te a tutte queste sofferenze, a tutte queste mancanze. Potremo vederci solo 4 ore al mese (talvolta 6 se un direttore di buon cuore si metterà la mano sulla coscienza). Come potrò accarezzarti, consolarti, curarti, viziarti in appena 4 ore al mese?
Per questo un amletico dubbio mi assale: qual è il tuo bene? È forse continuare a sentirti mio per egoismo e vederti 4 ore a mese tra queste squallide mura sotto lo sguardo inquisitorio di chi controlla i nostri abbracci? O forse, vita della mia vita, per il tuo bene dovrei fare un passo indietro ed amarti da lontano come la sirena che dal profondo del mare osserva il suo caro marinaio in silenzio. Anche con tua madre, mia incantevole creatura, dovrei parlarci a lungo, spiegarle quel che il suo cuore già conosce ma non vuole ammettere, ovvero che il tempo piega anche i metalli più duri, più resistenti ed anche se non esiste carcere al mondo capace di tener fuori l’amore, il tempo riuscirà un giorno a farlo evadere. Il solo pensiero che la rassegnazione, l’amarezza ed i rimpianti possano un giorno prendere il posto occupato finora dall’amore mi spaventa e mi atterrisce. Mi trovo sospeso dinnanzi all’incapacità di saper decidere riuscendo a ragionare per una volta con la testa e non col cuore, e proprio come nel finale di Fontamara solo una domanda mi sorge spontanea: CHE FARE? Ho sempre creduto che un figlio appartenga a chi lo accetta, lo cresce con amore, lo cura e non a chi lo concepisce e basta.
Un genitore può donare solo due cose ad un figlio, l’amor proprio e dei bei ricordi. Io, figlio mio, non posso donarti né l’una né l’altra cosa. Potrei solo vederti di tanto in tanto per osservare il mio germoglio sbocciare, ma sarebbe come tagliare a fette un fiore per capire il motivo per cui è bello: scopri come è fatto ma ti rimane solo uno spoglio gambo ed uno scempio di petali. In quel caso dovrei chiederti di non crescere troppo in fretta, di aspettarmi affinché tu mi possa donare scampoli della tua vita ed io non mi perda proprio tutto di te, ma non sarebbe giusto.
Per questo ancora delle ancore, tu sei la mia ultima speranza, sei l’occasione affinché anche io in qualche modo sorrida ancora al mondo attraverso i tuoi occhi. Tu ancora non sai chi sono io, io sono te e tu sei me, sei la mia vita che continua.

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