2016 | Lettera a un artista
Luciana Monti
Lettera finalista nella categoria Lettera a un colore.
Oggi la mia perla dell’Etiopia è sul sentiero di guerra, non parla da dieci minuti e vedo i suoi pensieri in movimento, sta per cominciare la solita mitragliata di domande, mi preparo, sono ancora a metà di un grande respiro di auto-incoraggiamento e lei parte: “senti, mamma puzzetta, (spiritosona!!!) ma come ci siamo incontrate?” “il primo incontro con te è stato caotico, eravamo più coppie ad attendere, non sapevamo bene cosa, su un divano dai fiori rosa giganti. Senza alcun preavviso in controluce compare la sagoma della direttrice con in braccio un fagottino, non si distinguono i contorni. Dice qualcosa, tutti ci guardiamo senza avere capito, ci aspettavamo il rito del caffè prima, siamo elettrici, tesissimi, siamo prontissimi da anni ma non siamo pronti in quel momento. Ridice una sola parola ed è il tuo nome!!!! Una molla, sono una molla, inciampo in mille gambe ma è come se volassi e ti ho già in braccio, tu ci hai battezzato subito rigurgitandoci addosso tutto il biberon, a me e poi al tuo papà”
Lei ride, felice di essere stata monella fin dal primo istante “ma vi ho sporcato proprio tanto, vero??? Ih, ih, ih, Ma io come ero?” “mi sembravi piccolissima, leggera come una piuma nei tuoi nove mesi di sottopeso, spaventata a morte, con i pugni ancora serrati e la fronte aggrottata davanti a questi due sconosciuti, io con gli occhiali che fissavi preoccupata, la tua prima faccia pallida tra le altre cioccolato… ti abbiamo mangiata con gli occhi per capire chi eri, come eri, se eri proprio tu quella bambola della minuscola foto che avevamo consumato per mesi a forza di guardarla… ero travolta dalle emozioni, tu eri per la prima volta nelle mie braccia, so che ho cercato di aprirti i pugnetti perché mi stringessi le dita tra le tue, volevo che quel primo incontro fosse alla pari, io stringevo te e tu stringevi me… sembrava tutto irreale, mi sentivo come Heidi sulla nuvola di panna nella sigla, c’erano le altre coppie con i loro bambini, una confusione pazzesca in quella piccolissima saletta, gente che entrava e usciva, e biberon che passavano, padri e madri che cullavano i loro bambini, e paroline sussurrate, e mille baci, e i pianti dei bambini, mosche da tutte le parti, e profumo di spezie sconosciute, di una terra che diventava anche la nostra, e i tuoi occhioni puntati su di noi e i nostri cuori che andavano a mille, la voglia di piangere e di ridere e, da parte mia, la voglia infinita di strapparti un sorriso….. l’ho desiderato tantissimo quel sorriso, come se mi dicessi che ti piacevo e che ti affidavi a me… e poi, dopo un tempo lunghissimo che mi è sembrato senza tempo, è arrivato, abbozzato e fugace prima, e poi finalmente aperto, pieno di gengive… Ero la tua mamma!!!” E lei, abbracciandomi stretta al collo, in tutta l’irruenza dei suoi 4 anni “ma certo che sei la mia mamma, la mia mamma puzzetta! E allora te ne faccio un altro di sorriso”… in realtà mi fa una boccaccia e corre via tra giravolte di danza.
I sorrisi in questi anni nella nostra famiglia sono stati infiniti, nostra figlia è l’allegria in persona e io non mi stanco mai di guardare questa meravigliosa vita che ci è stata consegnata e lo spettacolo di bambina che è diventata dopo aver percorso una strada faticosa per recuperare il tempo che ha dovuto aspettare, anche solo per essere pensata da qualcuno.
Mamma (puzzetta) Lu.
