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2017 | Lettera a un cervello in fuga

Liliana Longoni

Lettera finalista nella categoria Lettera a tema libero.

Caro Elia,
è trascorso ormai un anno dall’ultima volta che ti ho visto. Prima di conoscerti credevo di essere circondata solo da persone vuote che non riuscivano a capirmi. Sei stato l’unico con il quale abbia mai avuto il coraggio di confidarmi realmente. I medici, i miei genitori, persino i miei fratelli contribuirono a separarci. Cercarono di calmarmi, di convincermi che la ragione di tutto ciò era la cattiva influenza che esercitavi su di me, ma compresi subito che si trattava soltanto di una comune e inutile scusa. Ognuno di essi mi teneva all’oscuro di un segreto che avrebbe cambiato per sempre il mio modo di vedere gli altri. Mi hai permesso di guardare quanto mi circondava da una prospettiva completamente diversa, liberando strade ormai per me da tempo ostacolate. Grazie a te ho capito che le situazioni in cui ci troviamo non devono essere necessariamente difficili, poiché tutto è in relazione alle scelte che prendiamo. Provare a non vederti, a non parlarti, non avere più nessuno con cui confrontarmi e riflettere non è stato facile. Tuttavia questa decisione ha reso la mia vita meno complicata. Sono terminate le giornate buie, colme di litigi e lacrime, insieme alle preoccupazioni dei miei genitori e alle ansie dei miei fratelli.

Ricordo ancora il doloroso giorno in cui mi fu rivelata la verità, il momento in cui i miei pensieri furono improvvisamente violentati dal lume della ragione che mostrò limpidamente la realtà. Mi trovavo presso uno studio medico. La sala era piccola, triste, spoglia. Le pareti erano opache e l’ambiente era a stento illuminato dalla debole luce emanata dal lampadario. Dopo diverse ore trascorse all’interno di quella stanza, udii la porta cigolare e il medico entrò. Egli si sedette e mi guardò con un’espressione decisa e, al tempo stesso, comprensiva. In quell’istante, attraverso il suo sguardo, capii che tutto sarebbe cambiato. Iniziò a elaborare con cautela un lungo discorso. La sua voce era calma e rauca. Disse che i miei genitori erano preoccupati per me. Spesso colloquiavo da sola, senza alcun interlocutore, nonostante avessi molti amici. Io, però, non ero sola, secondo quanto credevo prima di quella visita infinita. Gli parlai di te, delle nostre lunghe chiacchierate. Preferivo te agli altri miei amici, forse perché loro erano solo persone senza alcun punto di vista, vivevano la loro vita senza riconoscerne l’essenza. Tuttavia, quel giorno compresi perché esisteva una grande empatia tra di noi, come se fossimo quasi un’unica struttura mentale. In realtà tu eri solo frutto della mia immaginazione. Desideravo così ardentemente conoscere qualcuno che vedesse il mondo esattamente come me, da indurre la mia mente a crearlo in modo inconscio.
Non riuscii ad accettare questa notizia sconvolgente. Urlai e gettai brutalmente la sedia. Fui confusa dai diversi pensieri che attraversarono e offuscarono i miei ricordi. Provai rabbia, rammarico, sdegno. In seguito, però, tali emozioni si placarono.Sei sempre stato inesistente, astratto, ma hai costituito una parte concreta della mia vita che non dimenticherò mai. Ho imparato a sopportare l’idea di non vederti più. Avverto, tuttavia, la mancanza dei periodi in cui affidavo a te i miei pensieri, alternanza di gioie e dolori, di sicurezze e paranoie, perciò ti scrivo. Credo che ognuno abbia un segreto che è costretto a nascondere, poiché esso è oscuro e, in questo caso, folle; ciò nonostante esso rende la vita meno monotona e più interessante. Ogni segreto è una bellezza nascosta e, in quanto tale, deve essere custodito con cura, come se fosse un bene prezioso.
Sei stato speciale. Sei stato la mia bellezza nascosta e ti custodirò per sempre tra i miei ricordi.

Eva

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