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2017 | Lettera a un cervello in fuga

Laura Ebanista

Lettera finalista nella categoria Lettera alla luce.

Ti scrivo della paura del buio, quella per cui passano tutti i bambini e in cui, in forme diverse, ripiombano anche i grandi, a volte. Mi ricordo da piccola la sensazione di smarrimento del non avere alcun punto di riferimento, fino a quando quella luce che si accende ti conferma che tutto è rimasto esattamente com’era prima: non ci sono mostri o draghi che ti minacciano, la tua mamma e il tuo papà sono esattamente dove li avevi lasciati quell’attimo prima di non riuscire più a scorgerli. E il cuore torna a battere ad un ritmo dolce. Da grandi è tutto un po’ diverso, ma la sensazione di paura rimane pur sempre quella. Il buio in cui sono avvolti i bambini per 9 mesi non deve essere un buio così nero però, non lo ricordo, posso solo immaginare che stare cuore e cuore con la propria mamma, sentire la sua voce che canta una ninna nanna solo per te mentre sogna il tuo volto e udire ogni rumore del mondo ovattato, deve essere una sensazione molto rassicurante. Altro che draghi e mostri da cui scappare! Io non so come sia stato il tuo buio, amore mio. Non lo giudico, ma non lo conosco e basta. Con un nodo che mi stringe la gola, posso solo dirti che mi sarebbe tanto piaciuto condividerlo con te, non sarei stata meglio o peggio di nessun’altra, sarebbe però stato qualcosa di soltanto nostro. Ma come mi sono detta il giorno in cui ho saputo che stavi per arrivare nella nostra vita: “Da qualsiasi parte del mondo arriverai e in qualsiasi modo questo avverrà, finalmente sarai a casa!”. Non mi arrogo il diritto di dirti che sei venuto alla luce quel giorno di marzo, caldo e soleggiato mentre due perfetti sconosciuti sono venuti a prenderti. Sei venuto al mondo 29 giorni prima, mentre io non c’ero, mentre nemmeno sapevo nulla della tua esistenza, già coraggioso nel tuo primo istante di vita, piccolo eroe. Io però sono venuta alla luce quel giorno, questo te lo assicuro. Il mio buio era pieno di mostri e di draghi e, anche se non ci crederai che i grandi possano avere paura, io ne avevo tanta.Io sono venuta alla luce quel giorno, seduta su una panchina con il cuore in gola, mentre stringevo tra le mani una copertina di lana bianca fatta a mano che aveva avvolto me 30 anni prima ed ora era pulita e profumata per avvolgere te. Sono venuta alla luce mentre ti portavamo quell’orsetto con la magliettina rossa e la scritta “Sorridi”, perché il nostro augurio più grande era che da quel momento in poi il sorriso riempisse il tuo volto ogni giorno. Mai augurio fu più azzeccato, quando ridi, ridi con le labbra e con gli occhi insieme. Quando poi mi dicono che hai il mio stesso sorriso vengo alla luce di nuovo, e verso sempre una lacrima. Sono venuta alla luce la prima volta che ti ho cambiato il pannolino, che ti ho dato il biberon, nella tenerezza della nostra prima notte insieme, quando per la prima volta mi ti sei addormentato fra le braccia e ho capito che con me ti sentivi sereno. Mi si è riempito il cuore.Vengo alla luce ogni giorno con te che spazzi via il buio delle mie tristezze: quando torno da lavoro e mi riempi di feste e di sorrisi e ti nascondi dietro la tenda per farti trovare e appena il nostro sguardo si incrocia scoppi in una risata sonora. Vengo alla luce quando ti fai male e mi tendi le mani per farti prendere in braccio con gli occhioni sgranati e lucidi e la curva di quel musetto imbronciato si trasforma subito nella linea del più bel sorriso che io conosca.

Si dice che sia la mamma a dare alla luce il suo bambino, la nostra storia un po’ speciale funziona al contrario: sei tu che hai dato me alla luce e continui ogni giorno a darmi la luce.La nostra storia infatti narra che solo tu sei in grado di tenere a bada mostri e draghi, spazzare via ogni lacrima e regalarmi la Gioia.

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