2016 | Lettera a un artista
Irene Canale
Lettera finalista nella categoria Lettera a un artista.
Ninnì! Prendila come una invocazione o come il semplice bisogno di chiamarti con quel nomignolo che era il nostro nome comune, ma preferisco iniziare così la mia lettera per te.
Il “cara” mi ha sempre dato un senso di formalità, che troppo si allontana da noi. Voglio ringraziarti. Per questo ti scrivo. Perché il mio tempo dedicato a queste parole per te, possa rinforzare ancora di più quello che è il tuo valore, di cui non hai mai avuto una percezione completa. Non volevi definirti un’artista. Era una classificazione che ti stava stretta, perché ti rendeva protagonista di qualcosa che non conoscevi, e a te gli occhi addosso, non sono mai piaciuti. Sei stata la mia “inventatrice” di storie e sarà così per sempre. Anche perché, come potrebbe capitare che qualcuno alla mia età, mi racconti una storia come facevi tu? I mondi che creavi, non mi hanno insegnato solo a vivere, mi hanno dato la possibilità di capire cosa sia l’immaginazione e l’uso delle parole. Compresa l’importanza del loro giusto utilizzo, per rivolgermi all’altro da me. Ti sorprenderesti, oggi, a vedere quanto si parli poco la gente. Quanta distanza ci sia, diffidenza e poco impegno nel dare qualcosa all’altro. Anche solo una parola, figuriamoci una storia. Pure i tuoi silenzi mi hanno insegnato tanto. Quando cucinavi i tuoi dolci, stavi sempre muta. Si sentiva il rumore delle tue mani, il suono degli ingredienti combinati in gran segreto, il rombo del forno. Quel calore che aumentava e si preparava a contribuire alle tue creazioni. Non una parola in quei momenti. Eri concentrata e attenta. E poi improvvisamente, tutto aveva un senso. Quando ci sedevamo l’una di fronte all’altra, avvicinavi il piattino con i biscotti e iniziavi a raccontarmi di mondi lontani e sconosciuti. Pensavo fosse sempre e solo frutto della tua immaginazione, ma tra un racconto e l’altro, c’erano dei tuoi pezzi di vita. Me ne accorgevo dai finali tristi o da quelli che sembravano troncati a metà. Avevo l’onore di fare il pieno delle tue arti, in quel momento: i tuoi dolci e i tuoi racconti. Ogni storia aveva un suo personalissimo sapore. Lo decidevi tu. Combinando il senso del gusto a quello dell’udito con la tua sicurezza da “donna di casa”, come tu ti definivi. Mentre per me eri la mia “inventatrice” di storie e sapori. Era così che mi convincevi a fare tutto: addormentarmi, svegliarmi, correre a fare i compiti, crescere. Se avevo un problema, iniziavi a raccontare, lasciando a me la possibilità di percepire il tuo consiglio in quello che mi dicevi. Sai quando ho capito che la tua era un’arte? Quando mi sono scoperta rapita e incantata. Se tu mi parlavi, non esisteva altro intorno a me. Non era solo una questione di affetto. Tu riuscivi a trasmettermi tutto ciò che la tua mente creava per me. È stata questa la tua arte, nonna. Consegnarmi quel qualcosa che ancora oggi io possiedo. Mi spiace solo che di questa tua capacità non ne abbia potuto godere il mondo intero. Ma sono certa che sarei stata anche un po’ gelosa, se fosse stata di tutti quella intimità che c’era tra noi. Ma tu me lo dicevi sempre, nonna, che i talenti vanno coltivati e non nascosti, per poi restituirli a chi saprà accoglierli. E se è vero che ognuno, nel suo piccolo, può contribuire a una qualche forma d’arte, nutrendo la propria creatività e trasformandola in qualcosa di utile e riconoscibile, è anche vero che ci sono luci che brillano più di altre. La tua, di luce, mi ha illuminato abbastanza. Ora vado avanti senza di te, consapevole di molto, ma non di tutto. Crescerò ancora e sarò piena di parole. E grazie a te, saprò raccontare le storie, le mie, le tue, le nostre.
Tua ascoltatrice di storie, Irene
