Connect with us

2014 | Lettera a un sogno

Giuseppe Benincasa

Lettera finalista nella categoria Lettera a un sogno.

Carissimo sogno,
da oltre una settimana non ho più tue notizie e a questo punto, stante la tua consueta e infallibile puntualità, comincio sul serio a preoccuparmi. Vuoi vedere che sei arrabbiato con me quando invece dovrebbe essere il contrario? Il dubbio mi tormenta e ogni sera mi sorprendo a rinviare il momento di appoggiare la testa sul cuscino, nemmeno fossi un innamorato consumato dall’attesa di una risposta della sua bella. Dormo ormai talmente poco che assomiglio ad una copia dell’Urlo di Munch, giusto un pelo più emaciato. Lo ammetto, ho esagerato un po’, anche tu però non ci sei andato leggero e se avrai la compiacenza di fermarti un attimo a riflettere lo riconoscerai senz’altro. Ecco perché mi sono deciso a scriverti, non tanto per porgerti le scuse (te le ho già fatte e comunque servono a poco), piuttosto per spiegarti meglio il mio punto di vista, solo ragionandoci insieme riusciremo a ricomporre la nostra piccola frattura. In tutti questi anni non mi sono mai lamentato, ho sopportato, certo della validità dei tuoi motivi per sottopormi a quelle che a me sembravano angherie. Ti ricordi quando mi facesti credere di aver vinto al Superenalotto e poi si scoprì che avevo perso la schedina? O quella volta che il mio capo dovette correre al gabinetto un attimo prima di concedermi l’aumento di stipendio? Me ne hai fatte patire tante, neppure le ricordo tutte: ho visto Belen volare via insieme alla sua farfallina, ed io avevo appena incominciato a soffiarle sulle ali; ho visto il Catanzaro colpire il palo nel rigore decisivo della finale di Champions. Talvolta sei stato così crudele da poterti quasi scambiare per il tuo alter ego, l’incubo: per esempio mi hai sfinito con lo streaming Renzi-Grillo, riproponendolo in continuazione, roba che a momenti rimpiangevo le fanfaronate del Berlusca; per non parlare di quando tutti i miei amici di facebook decisero contemporaneamente di togliermi l’amicizia, lasciandomi a contemplare una bacheca vuota. Agghiacciante! Eppure non ti ho mai rimproverato nulla, sono rimasto sempre zitto ed ho accettato i tuoi capricci, lo sai bene. Alla ne però non ce l’ho fatta più, come avrei potuto? Ti sei spinto troppo oltre e chiunque al posto mio avrebbe sbottato malamente. Hai lasciato che mi alzassi e mi precipitassi ad occhi chiusi davanti allo specchio e sei stato talmente convincente che lì, con in petto un bongo africano al posto del cuore, li ho riaperti immaginando già di vedere la chioma di Lorenzo Lamas. Al contrario, di Renegade ho trovato, come al solito, solo il deserto. Ho capito subito che eri stato tu, la tua risata per da quasi mi rimbombava nelle orecchie e allora ho perso il controllo. Te ne ho dette tante, è vero, qualcuna la meritavi ma in ogni caso è acqua passata, non ti serbo rancore e spero sia lo stesso per te. In fondo ci sono cose più importanti dei capelli. Dunque vieni pure tranquillo, non sono più arrabbiato, almeno non più così tanto, anzi adesso rimetto il cappuccio alla penna, vado a letto e ti aspetto.

A presto.
Pino Benincasa
P.S. Se mi rimandi Belen vestita da barbiere anziché da infermiera giuro che stavolta ti ammazzo!

 

Continue Reading

LEGGI LE LETTERE