2017 | Lettera a un cervello in fuga
Giovanna Colantonio
Lettera finalista nella categoria Lettera a un cervello in fuga.
Sono passati tre mesi da quando ti sei trasferito a Dublino. Hai cambiato più case, amici, bagni, abitudini, finestre della tua stanza finora che in 30 anni di vita. Eppure ne avevi cambiate tante, in Italia. Forse, fuggi da qualcosa. Qui ti senti libero, padrone del tuo futuro. Partire è stata una decisione difficile, ma ti sei ricreduto davanti a venticinquenni poliglotte con già almeno un paio di esperienze esterofile alle spalle. Hai capito che tutti quelli che partono hanno una storia da raccontare. E tu hai la tua. Guardi l’Italia, da lontano. Sempre presa dai soliti problemi, impasse irrisolvibili. Pensi a come ogni questione politica, sociale, economica, cambi a seconda della prospettiva, anche geografica, da cui la si guarda. E ripensi ai colloqui nel Bel Paese, quando da contrattare c’era solo il prolungamento dello stage. Da tre a sei mesi. Da sei mesi a dodici mesi. Ma tranquilla, i sei mesi successivi guadagnerai il doppio, circa 600 euro. Pensi ai giovani italiani, a quanto sia colpa anche nostra, perché accettiamo di lavorare in condizioni penose svalutando drasticamente il nostro valore di mercato. Perché permettiamo che durante un colloquio di lavoro ci offrano uno stage, dopo aver preteso che sapessimo fare questo e quest’altro, e pure benissimo. E ripensi alla prima ricerca di lavoro qui. Dopo meno di 24 ore hai ricevuto la telefonata dall’azienda per fissarti un colloquio. Sembrava uno scherzo. Troppo facile. Valanghe di curricula gettati in Italia e mai una risposta. Poi uno solo, in Irlanda, inviato di sera, in una stanza sconosciuta, in penombra, e tutto cambia.Hai appena fatto l’ennesimo trasloco. La stanza è a soqquadro, le valigie ancora traboccanti di vestiti sembrano affamate di novità. Hai già un lavoro, ma il tuo obiettivo è entrare nel colosso tecnologico più ambito di queste parti: Google. Siete rimasti in due al processo di selezione. Hai scoperto che le tue bistrattate competenze umanistiche qui ti rendono multitasking e sono considerate una miniera. Paradossalmente da quando sei partito in molti ti cercano dall’Italia per lavoro. E anche questo ti sembra uno scherzo. Finora le proposte le avevi rifiutate tutte, ridendoci su. Ma un giorno le cose si sono complicate: ti hanno comunicato da Roma che avevi vinto una borsa di studio per una delle scuole di Giornalismo più autorevoli del Paese. Resti pietrificato. Un amore ancestrale ti stava richiamando alle origini, portando con sé bagagli anelanti di promesse. Rifletti. Vado. Parto. Ma no, resto. Sì, resto!“Ciao, Irlanda. Lascio a te, al tuo mare, ai tuoi colori, tutto il mio passato. Ti lascio le mie incertezze, le mie delusioni. Spero che il mare se le porti via, nel suo andare e venire. Ti lascio le alternative, quelle che potevano accadere. Le persone conosciute a metà, i luoghi che non ho visitato. Ti lascio il mio coraggio, quello che tu mi hai restituito. Ti lascio i miei silenzi, i miei pensieri. I miei dubbi sul futuro, la mia compagnia solitaria. Ti lascio una parte di me che continuerà a incontrare le tue onde. Non ti dimenticherò. Mai.”L’Isola di Smeraldo si rimpiccioliva sempre di più sotto i tuoi occhi, e tu avevi capito che la stavi salutando per sempre. Da quel giorno tutto è ricominciato, al contrario. Hai la sensazione continua, costante, di qualcosa che ti manca. Hai sete, ma l’acqua non ti disseta, la birra qui ti gonfia, la Coca Cola non ti piace più. Ti manca una parte di te: quella che si sentiva feroce, inarrestabile, vincente. Ma ne hai scoperto un’altra: quella che non si accontenta.In realtà, il capriccioso paradosso italiano lo avevi capito fin dall’inizio: fin quando ci vivi, in Italia, cervello, nessuno ti cerca. Poi parti, diventi “un cervello in fuga” e tutti ti rivogliono a casa. Giovanna
