2018 | Lettera a chi ha cambiato la mia storia
Filippo Pozzoli
Lettera finalista nella categoria Lettera a chi ha cambiato la mia storia.
Eupilio, 29 luglio ’18
Cara Adele, per iniziare, questa non è una lettera d’amore.
Primo, perché non sono capace di scriverle – il contrappasso più scontato per chi con le parole ci gioca da una vita è quello di non averne quando, poi, ne cerca di importanti; secondo, perché credo che tutto questo scrivere d’amore sia inflazionato. Se ne parla sempre troppo, e se ne fa sempre troppo poco – sebbene, fortunatamente, questo non sia il nostro caso. :)Ti scrivo perché, questa sera, riflettevo sulla distanza che ci appartiene da quando abbiamo deciso di fare delle nostre vite quella che qualche cantautore definirebbe una cosa sola. Se ci pensi, come storia d’amore la nostra è proprio “zingara”. Ci siamo conosciuti in Sicilia, quasi esattamente un anno fa. Il primo bacio a Torino, dove tante volte ho poi fatto rientro dal lavoro ingelosendo la mia Brianza; la prima volta che ci siamo svegliati nello stesso letto è stata in Transilvania, poi ancora Genova, casa mia, il centro Italia, la Valtellina, Napoli, il mare, Lisbona, eccetera eccetera.Il bello di una storia a distanza, pensavo, è che non appartiene a nessun luogo, e di conseguenza di qualsiasi posto sa fare casa propria. Il brutto, manco a dirlo, è la distanza, e le reciproche solitudini che questa ci impone come fossero il salato pedaggio per ogni tratta felice che percorriamo insieme – le mie metafore, lo so, non sono belle quanto le tue…C’è che, in effetti, lo si dà per scontato che una storia a distanza sia dura da sopportare proprio perché è a distanza. E di sicuro ci morde la fame di stringerci, di addormentarci sul divano davanti all’ennesimo film di cui ricordare solo l’inizio, non potendolo fare ogni sera.A parte questo, però, riflettevo sul fatto che la nostra distanza è diversa da tutte le altre che ho vissuto. Quelle distanze le vivevo come se, d’un tratto, un qualche mago perverso mi avesse trasformato in un funambolo, e m’avesse parato dinnanzi una sottilissima fune su cui avrei dovuto camminare, lunga tanti passi quanto i giorni di distanza da sopportare. Per me, ognuno di quei giorni era come quello in cui si prospettava una discussione pesante da affrontare: quello in cui, nel cuore degli altri, io avrei potuto perdere l’equilibrio, quindi cadere.Forse perché, ogni volta, ero convinto che nel cuore degli altri io ci fossi finito per una qualche botta di culo, e che per una medesima casualità (un’altra persona, una priorità, la ritrovata consapevolezza che il mondo è grande e pieno di cose più belle di me) sarebbe stato facile uscirci.Con te è diverso, me ne rendo conto questa sera che tu sei a Parigi e io tra lago e Prealpi.Tu me l’hai ripetuto un sacco di volte, che tu ed io ci siamo scelti prima con la pancia, poi con la testa e infine col cuore, prendendoci tutto il tempo che ci fosse necessario. Un tempo per me lunghissimo, ché magari avrei voluto saltare qualche episodio e andare subito a sbirciare come sarebbe andata a finire, ma di cui adesso riesco a vederne l’importanza. Io e te siamo io e te, in qualsiasi luogo.Ti ricordi, qualche giorno fa, che ho provato a spiegarti la differenza che c’è in fisica tra gli equilibri stabili e quelli instabili? Che disegnavo sinusoidi nell’aria con il dito, e ci mettevo sopra delle palline immaginarie, spiegandoti che la pallina sarebbe potuta stare virtualmente in equilibrio tanto sulle creste che nelle gole dove la curva, per un tratto infinitesimo, si fa orizzontale. Ma, sulle creste, sarebbe bastato un niente, un minimo soffio a farla rotolare via senza che potesse più risalire; nelle gole, invece, non c’è perturbazione che non la faccia prima o poi tornare in quiete, al suo posto. Ecco: è come se noi sapessimo attraversare le bufere delle distanze, delle discussioni, delle altre mille piccole asperità che ci rendono più dei pezzi di puzzle di due scatole diverse piuttosto che le improbabili metà di una stessa mela, standocene in un letto caldo piuttosto che sull’orlo di un precipizio.Hai cambiato la mia storia d’amore, Adele.Anzi, meglio: hai cambiato la storia del mio amore, del mio vivere l’amore, e quindi, la mia. Se questa sia tutto sommato una lettera d’amore, a questo punto, sceglilo tu. :)Ti amo.
Filippo
