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2016 | Lettera a un artista

Claudia Berutti

Lettera finalista nella categoria Lettera a un colore.

Nero su bianco: leggevo, leggevo… e la mia ansia saliva. “…I bambini adottati possono facilmente presentare modalità di attaccamento insicure o disorganizzate… I comportamenti che i bambini possono presentare sono vari…. Autosufficienza esagerata… Autocontenimento… Diffidenza e ostilità eccessiva. Avevo capito quanto fosse importante quel benedetto “attaccamento”! Avevo paura soprattutto dell’indifferenza affettiva. Avevo paura che tu non ti attaccassi, che fossi insensibile a noi. Avevo paura di un “grigio”. “Possono sviluppare o una assenza di un legame di attaccamento oppure la ricerca indiscriminata di conforto e cura…”. D’istinto ho fatto quello che, “di pancia”, ho pensato potesse essere meglio per una bimba di 10 mesi che era già abituata a bastarsi: a svegliarsi e stare nel lettino a giocare con un peluche fino a quando qualcuno fosse andato a prenderla, piangere pochissimo, tentare di arrivare a tutto senza chiedere nulla. Ho cominciato a farti sentire il calore delle mie mani. E qui la nostra storia si tinge di rosa. Al mattino, appena sveglie, ti portavo nel lettone e per almeno mezz’ora ti massaggiavo, soprattutto la schiena. Tu stavi ferma, estasiata. E se mi fermavo mi facevi cenno di continuare, tra coccole e racconti (poche canzoni, viste le mia evidenti stonature). Rosa erano le mie mani e la tua pelle, rosa spesso erano le lenzuola che amavo e i tuoi pigiamini. E’ uno dei ricordi più belli e toccanti che ho e che riesco ancora adesso, 20 anni dopo, ad isolare nella mia mente ed a “sentirlo” nostro. Dopo un paio di mesi già, appena sveglia mi chiamavi, piangevi e ti arrabbiavi se volevi qualcosa, insomma pretendevi attenzioni e cure. Stavi prendendo colore.
Sono stata a casa dal lavoro per parecchio tempo e le nostre mattine iniziavano sempre con quelli che poi sono stati da te chiamati “i grattini sulla schiena” (usanza, peraltro, che è stata poi estesa ai tuoi due fratelli, quando sono arrivati attraverso la mia pancia, magicamente “aggiustata” dalla tua presenza!). Senz’altro tu facevi fatica a tenere insieme la mia immagine rosa, dolce, del mattino con quella estremamente severa, nera, del resto della giornata. Ora penso di essere stata veramente troppo dura con te. Mi sentivo di dover bilanciare tutti i vizi che il resto della famiglia era comprensibilmente portato a donarti. E tu avevi cominciato a sfidarmi e a misurarti con me, tirando fuori un gran bel carattere, rosso. Nel ricordo che ho, di quel periodo, non mi piaccio per niente. Non sono stata brava. Non sono stata capace di vedere i tuoi primari bisogni, rispetto ai miei ideali di genitore. Per fortuna il sostegno psicologico che mi aspettava ogni settimana, o mese, non ricordo, ha fatto si che potessi riflettere parecchio e aggiustare il tiro. Il mio nero si è scolorito e forse ho cominciato ad avvicinarmi al rosa del mattino. Comunque non riesco ad assolvermi per gli sbagli che ho fatto, anche negli anni della scuola, dove quel nero stentava a sciacquarsi di dosso, quando non studiavi. Nonostante gli errori, l’attaccamento è arrivato, eccome se è arrivato. Nero su bianco: ma questa volta, 20 anni dopo, leggo un tuo messaggio: “Sei la mamma migliore del mondo. E ringrazio ogni giorno quel giorno che ci ha fatto incontrare, perché io non potrei desiderare di meglio. Non ho mai avuto intenzione di cercare la mia vera madre, come a molti ragazzi succede; a me non mi importa per niente. Perché mia madre sei tu e la sei sempre stata”. E poi un altro: “Siamo una bella famiglia. Io senza voi non andrei da nessuna parte. E ringrazio Dio che mi ha dato dei genitori come voi, o forse non proprio Dio ma quel giudice che ha deciso che voi dovevate essere i miei genitori. E poi ringrazio voi 2 per avermi dato 2 fratelli; anche senza di loro sarei persa. E ringrazio voi, per esserci sempre stati. Per avere avuto sempre molta fiducia in me. Sempre, nonostante tutto. “
Adesso è un rosa talmente acceso che tende… al rosso.

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