2019 | Lettera alla mia città
Cinzia Colombo
Lettera finalista nella categoria Lettera di un'adozione.
Carissime nipotine,
gli anni ’80 raccontano la storia di mia mamma e sua sorella, di me e della vostra mamma e di un meraviglioso e stravagante cugino adottato.
30 anni dopo tutto si è ripetuto e quello che mia mamma mi raccontava di provare nei confronti di sua sorella era la stessa cosa che ho sentito io quando mia sorella mi ha detto che avrebbe adottato un bimbo, perché il suo desiderio di diventare mamma era in contrasto con qualunque tecnica di procreazione assistita e che in qualche parte del mondo qualcuno la stava aspettando. Aspettare è diventato il verbo che ci avrebbe accompagnato per molto tempo. Anche se l’adozione era da sempre argomento di confronto nella nostra famiglia, per me era diventato un argomento difficile, avevo sempre paura di non utilizzare le parole giuste, di fare domande che avrebbero messo in crisi, quindi zittivo la mia curiosità aspettando che filtrasse qualcosa, qualche informazione anche a me, che avevo da poco partorito il vostro cuginetto e non riuscivo ad immaginare cosa pensassero di me i vostri genitori. I mesi e gli anni sono passati con notizie sparse di riunioni con gli assistenti sociali e gli psicologi, incontri in tribunale e giudici che mettevano dubbi sulla meravigliosa donna che oggi è la vostra mamma, sempre precisa, presente, laboriosa, ordinata, il mio esatto opposto.
Aspettare, superare le difficoltà adempiere agli impegni, rispondere alle domande ha però solo aumentato il desiderio.
Autunni, inverni, primavere passati e poi una domenica di aprile a pranzo, eravamo in un agriturismo in montagna per festeggiare l’anniversario di matrimonio dei nonni, una meravigliosa giornata di sole e finalmente la notizia che sarei diventata zia! Il piacere di vedervi in foto, due bimbe dai meravigliosi occhi scuri che ci aspettavano in Perù. E poi di nuovo l’attesa, nuovi documenti, corsi di spagnolo, foto di noi, della vostra nuova cameretta, la storia della nostra famiglia per far vedere che le nostre vite si potevano intrecciare, che sarebbe stato tutto perfetto. Poi finalmente una data di partenza per il Perù e di nuovo attesa altri due mesi, ma era diverso perché per la prima volta potevamo sentire le vostre voci, vedere le prime foto di voi 4 insieme anche se lontani 10500 km e poi ancora attesa, ma più intensa, piena di preparativi fino alla data di ritorno.
Ed eccoci finalmente tutti nella sala di attesa dell’aeroporto, con la porta scorrevole che si apriva continuamente e noi che tentavamo di vedere oltre…attesa…minuti interminabili…aereo atterrato…pronti …manca poco! Compaiono i vostri genitori sommersi di valigie stravolti dal viaggio e poi voi, braccia allungate alla ricerca dell’abbraccio delle nonne, incredibili, devastanti, sorridenti, bellissime. Eccovi…attesa finita siete qui, sono zia, una zia molto fortunata.
A distanza di un anno dal vostro arrivo, mi rendo conto che la nostra vita ha assunto un ritmo nuovo, in un modo talmente naturale che non avrei mai creduto possibile. “Esperar”significa aspettare in spagnolo, questo è il verbo che ci accompagna ora, attesa di nuove emozioni e speranza. Oggi voi siete sempre così braccia protese in avanti ad abbracciare il mondo, sempre felici, sempre allegre, sempre impegnate a farci vedere che tutto si supera, accomunati dal desiderio di famiglia che con voi è semplice amore.
Zia Cinzia
