2010 | Lettera a un giornalista
Chiara Marzorati
Lettera vincitrice nella categoria Lettera a un giornalista.
Caro giornalista,
è permesso? Nel tuo castello, si può entrare? Mi presento. Ecco, io non appartengo a questi luoghi, a queste terre candide battute da autostrade dritte e disciplinate di frasi che scorrono veloci sull’attenti, docili ai tuoi ordini metodici. Io provengo da sentieri non asfaltati e campi non arati, dove non crescono fiori, solo spine: me le porto conficcate dentro i piedi che sanguinano. E mi ostino a non cadere in ginocchio, senza saper dire il male che sento. Non trovo facilmente le mie parole. Ognuna. Di. Loro. È. Sofferta. Il fiato mi manca. Questo non è il mio posto e io non ho una storia da raccontare. Io sono nessuno, ma ho un desiderio. Sono l’uomo di tutti i giorni, che conduce una vita non degna di nota, senza fama e senza lustro. Sono l’ombra dei personaggi che contano, dei protagonisti della grande vicenda umana, che fanno notizia. Sono quello che lotta per l’occupazione, la fine del mese, la pensione, per questioni d’ordinaria sopravvivenza. Sono il naufrago che affonda nei gorghi di una noia che uccide. Sono nessuno. Sono il matto cui le parole muoiono in bocca, con un gusto amaro che scende in gola e avvelena ogni respiro, perchè non c’è chi le voglia ascoltare. Sono nessuno. Sono il drogato, il vagabondo, il poco di buono, l’escluso. Sono la solitudine dell’emarginazione. Nessuno. Sono nessuno, Ulisse, il migrante che affronta il viaggio e combatte con i mostri di luoghi ignoti, che ho imparato a scavare il proprio rifugio nel vento, mentre chi resta e racconta se ne sta in casa a filare il nulla tutti i giorni. Sono la Penelope che attende a vita chi, istante per istante, le spezza il cuore e non torna, penelope che, tessendo, disfa la sua giovinezza e i suoi sogni. Sono chi aspetta nessuno, ma freme ad ogni squillo di campanello. Sono la donna schiava, schiava del velo e dei tacchi a spillo, della tunica e della scollatura. Sono la donna che non è abbastanza bella per meritarsi l’amore e quella che è troppo bella per non essere detta puttana. Sono l’uomo che non ama. E quello che non è amato. Nessuno. Mentre tu fabbrichi la storia io taccio. Sono una delle voci di un mondo senza voce, di una popolazione silenziosa che attraversa la terra lieve, senza lasciare impronta. Tu produci le verità a te richieste, poco importa se nascono parziali e già invecchiate, trascorse, tu selezioni, tagli, escludi: è il tuo lavoro, io non ti biasimo. Tu non hai identità̀ e appartenenza, forse. Io sono nessuno. Ma ho un desiderio: che il mio dolore, il dolore di chiunque, parli, una volta soltanto. Per poi scivolare via in silenzio, come una lacrima.
Ti ringrazio se vorrai ascoltarmi, nessuno
