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2018 | Lettera a chi ha cambiato la mia storia

Benedetto Mortola

Lettera finalista nella categoria Lettera a chi ha cambiato la mia storia.

Siamo cresciuti insieme. In un paese affacciato sul mare. Un paese di quelli piccoli, dove tutti si conoscono. Da bambini giocavamo al pallone sulla piazza della chiesa. Ricordo ancora quel giorno che abbiamo fatto a pugni, non so più per quale motivo. Quando siamo diventati più grandi ci siamo costruiti un campetto di calcio. Ce lo siamo fatto con le nostre mani, sopra un prato più grande degli altri. Era un po’ inclinato da una parte, ma per noi andava benissimo. Poi sono venute le sere nella tua cantina. I dischi 33 giri, gli LP che ascoltavamo fino a consumarli. Un mare di Led Zeppelin, Deep Purple, Allman Brothers e poi i Pink Floyd. Sono passati come vento nel tempo. Le nostre prime note sulle chitarre. Quella acustica. La chitarra elettrica. La dodici corde. Amplificatori. Spartiti. E molto suonare ad orecchio. Ho cominciato lì, nella tua cantina con il frantoio per fare l’olio, a strimpellare qualche accordo. Tu sempre più bravo di me.

Poi gli scacchi, la tua grande passione. Partite interminabili. Tu sempre più avanti. Fino a diventare Maestro di Scacchi.
Quando sono arrivate le radio libere, la Storia stava bruciando nelle nostre vite e la musica divampava nella Storia, rabbiosa. Abbiamo fatto scelte diverse. Quasi di colpo, ci siamo trovati uno lontano dall’altro. Poi il lavoro ci ha allontanato ancora di più, anche se non ci siamo mai persi di vista. Fino a quella sera in radio, quando ti ho visto per l’ultima volta. Fino a quella notte dell’ultimo giorno di un ottobre di tanti anni fa, quando sei caduto sul campo di calcio di San Lorenzo, quasi alla fine della partita, e non ti sei più rialzato. Il cuore. Oggi ci sarebbe stato almeno un defibrillatore, ma nel 1983 non c’era niente. Così te ne sei andato. Avevi ventisette anni. Quel giorno, insieme a te, è finita anche la giovinezza spensierata di tutti i tuoi amici. Dal giorno dopo niente per noi è stato più come prima. Tu, nella foto sulla tua tomba, sorridi. Resterai sempre così. Avrai sempre ventisette anni.

Io, da quel giorno, ho imparato a vivere meglio questa vita, a viverla tutta, fino in fondo. Cerco di fare ogni cosa con tutte le mie forze, perché so che non ci sarà una seconda volta.
Grazie, Gian. Senza volerlo, mi hai aiutato a non sprecare il tempo che ho, questo tempo che passa e non ritornerà mai più.

Ciao, Gian. Aspettaci. Con pazienza. Arriveremo tutti. Benedetto e i tuoi amici

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