2014 | Lettera a un sogno
Anna Maria Castoldi
Lettera finalista nella categoria Lettera a un sogno.
Milano, 8 aprile 2014
Cara,
ti ho conosciuta ottantadue anni fa e mi hai subito affascinato. Avevo dieci anni quando per la prima volta ti ho visto nel tuo vigore, bella, viva, inda arata a rincorrere la vita. Da allora sei stata il mio sogno segreto. Aspettando l’età giusta per unirmi a te, desideravo un’esistenza ricca d’incontri e soddisfazioni: ero certo che con te ci sarei riuscito. Intanto gli anni passavano e finalmente, quando ne ho avuti sedici, ti ho raggiunto. Pensavo di non lasciarti più ma la guerra ci ha separato e sono tornato da te solo dopo l’armistizio del 1943. Sognavo di rivederti mentre a piedi dalla Slovenia, con i compagni, mi avvicinavo e sentivo che il peso dello zaino e la paura di non farcela, diminuivano ad ogni passo. Ti ho ritrovato ferita e da allora non ti ho più abbandonato. Ho ammirato la tua capacità di rinascere, di cambiare e di continuare a essere il sogno di una vita migliore. Ti guardavo e m’innamoravo della tua grazia. E, mentre realizzavo i miei desideri lavorando sodo, tu mi hai aiutato con tante opportunità. Così, anche il lavoro più modesto l’ho fatto con dignità e da ciò, nei momenti più duri, ho tratto la forza per continuare, per non perdere la speranza nel futuro. Ti ho visto affranta e angosciata per altri avvenimenti gravi che sono entrati violentemente nella tua vita, quando uomini senza scrupoli ti hanno offesa, ma mai schiacciata perché sei sempre risorta, più forte e bella. Ci sono stati periodi in cui sembravi perdere la tua grazia, smarrire la capacità di accogliere e ti confesso che anch’io, come tanti altri, ho dubitato di te. Molti ti hanno a dato il proprio sogno e il suo infrangersi per le difficoltà della vita, li ha resi insicuri, come succede ai giovani d’oggi che sembrano aver perso la speranza nel domani.
Mi capita ancora, di scoprirti nuova nei tuoi angoli nascosti e di vedervi riflessi alcuni dei miei in una sorta di fusione che mi fa pensare ai segni del tempo sul mio volto mentre tu, apparentemente ringiovanita, parli tante lingue che non capisco e, a volte, mi sento straniero; anche la mia anima traballa, non solo le gambe malferme. Non mi stanco di percorrerti con calma, con ritmi più lenti, a piedi o in bicicletta; mangiarti con gli occhi dal tram: la metro è per i giovani che sanno correre incontro alla vita. Agli anziani occorre più tempo, trascinano ricordi pesanti. Sei sempre bella, pur con le parti rifatte, portatrici d’incomprensibili novità, pur con le rughe che la vita ha tracciato come solchi nei campi, anticipo di una nuova primavera. A volte mi domando chi tu sia diventata e come ancora ti trasformerai, perché non ti arrendi mai. Neppure la crisi economica di questi anni ti ha tolto vitalità, ti ha soggiogato; sei sempre capace di rilanciare, dimostrando come il tuo gusto e il tuo stile attraggano nuovi ammiratori, sei tuttora il miraggio di qualcuno.
Ti amo Milano; sei la mia città e lo specchio che riflette il sogno realizzato della mia vita. Ogni angolo un ricordo anche se, lo ammetto, a volte ho ingannato me stesso guardandomi in te!
Mi chiedo cosa ho perso rincorrendo il tuo sogno, facendolo mio. Non so rispondermi, non so immaginare un’altra esistenza.
Tuo Beppe
