2016 | Lettera a un artista
Alessia Terenzi
Lettera finalista nella categoria Lettera a tema libero.
Cara Marianna,
come fa caldo oggi! Stava quasi per finire l’estate senza che una giornata così calda si affacciasse da queste parti. Sarebbe stato bello andare al mare, oggi…Sdraiarsi sulla sabbia e immergersi nell’acqua quando l’afa torrida piano piano si fa insopportabile…Andarsene quando il sole picchia ancora alto nel cielo, quando l’arsura ci costringe a scappare e cercare un po’ di ombra sotto qualche pergolato e magari il miraggio di una fontanella per poterci finalmente dissetare.
Si, sarebbe stato bello andarcene un po’ al mare, oggi. Ma così non è stato.
Sono appena tornato da una faticosa giornata di lavoro, non è ancora buio e questo mi rattrista…Perché penso di avere davanti a me ancora qualche ora di questa giornata e di doverla passare chiuso fra queste quattro mura. Perché non so che fare. Perché ultimamente non so mai cosa fare. Allora, girando per la casa, come un carcerato si rigira spasmodicamente nella sua cella, gli occhi mi sono caduti su questo foglio di carta bianco, appoggiato sulla scrivania in camera da letto, quella scrivania che hai voluto comprare tu e che io ho dovuto montare, quella sotto la finestra dalla quale entra sempre tanta luce (di giorno quella calda del sole, di notte quella bianca della luna).
Ho visto questo foglio, ho preso una penna – ed era una cosa che, credimi, non mi capitava da molto, molto tempo – ed ho iniziato a scrivere questa lettera.
Mi scuso per la calligrafia incerta e un po’ elementare, ma, come ti dicevo, è da un pezzo che non mi capita di scrivere qualcosa a mano…E’ strano, la stessa sensazione che provi quando monti su una bicicletta dopo tanti anni…Le prime pedalate sono un po’ forzate e insicure ma, dopo solo pochi metri, scatta qualcosa dentro te, un ricordo, un flash, e ti sembra di essere tornato ai tuoi 15 anni, ai tempi in cui era più il tempo che spendevi su quel sellino che quello che passavi con i piedi per terra. Lo stesso quando scrivi una lettera…Non ricordo neppure dove si incolla il francobollo, dove si scrive il mittente e dove il destinatario ma questo, probabilmente, non ha molta importanza.
Oggi, tornando dal lavoro, ho preso la metro. Ho la macchina dall’elettrauto…Sempre la solita spia dell’olio (sarai contenta, quante volte mi hai detto di farla vedere e quante volte ti ho presa in giro dicendoti di essere troppo esagerata?)…E così non solo ho dovuto subire un caldo bestiale, ma ho dovuto anche condividerlo con un vagone pieno zeppo di gente sudata e appiccicata. Fortuna che ho trovato posto a sedere. E tu lo sai…Quando viaggio e sono seduto – o almeno quando non sono io a guidare – la mia mente prende il volo ed inizio a pensare…E così ho pensato…
Ho pensato che non lo so…Non so cosa possa spingere una persona a togliersi la vita…Non lo so perché io amo troppo la vita, i suoi piaceri e le sue complicazioni. Credo, e mi duole dirlo, che uccidersi sia un atto alquanto egoistico: togliere al mondo la possibilità di conoscere quello che sei…Togliere ad un’altra persona la possibilità di amarti.
Si può morire di fame. Si può morire di freddo. Si può morire di malattia. Si può morire di paura. Ma non si può morire delle proprie mani. E non ci si può stancare della vita, è un paradosso: ci si stanca di tutto ciò che rimane, di tutto quel che possiamo trattenere, delle cose che non passano.
Ma la vita è un attimo, e degli attimi non ci si stanca mai.
Ma ti svelo un segreto…Da quel giorno, da quel maledetto giorno, ci sono volte in cui sento di essermi stancato della mia vita. Mi capita quando a cena stappo una bottiglia di vino rosso e non ho nessuno con cui berlo; quando mi sdraio sul divano e vedo un film ma, non appena finisce, mi accorgo di non avere nessuno al mio fianco con cui discuterne; oppure quando passeggio per il parco e, a causa della mia allergia, starnutisco ogni tre passi e non c’è nessuno che possa ringraziare per avermi detto “salute!”…O quando mi ricordo di guardare il sole che cala dietro il crepuscolo, che è una cosa che amo fare ma che, a volte, non ho tempo di fare, e mi rendo conto di non aver nessuno con cui condividerlo, quel magnifico e luminoso tramonto.
In questi momenti provo un profondo senso di solitudine, Marianna, che non mi era mai capitato di provare, prima. E questo mi porta a giornate come oggi in cui, rientrando a casa, stanco, accaldato, annoiato, triste…Inizio a camminare nervosamente da una stanza all’altra e, in pochi istanti, devo decidermi se optare fra la lametta appoggiata sul lavandino, nel bagno (quella che io non ho mai più avuto il coraggio di toccare o di spostare), o questo foglio bianco su cui, alla fine, scelgo di scrivere una lettera che non potrò spedire ma che, in qualche modo, spero e confido ti arriverà.
Spero tu non ti sia offesa, Marianna, quando prima parlavo delle persone che si tolgono la vita…Del fatto che, il loro, per me, è soprattutto un gesto egoistico. Non me ne hai nemmeno parlato, non hai neppure permesso che provassi a farti cambiare idea. Forse sapevi che ci sarei riuscito, come sono riuscito a farti innamorare di me, come sono riuscito a convincerti a sposarmi e a fare un figlio con me. Come non sono riuscito a prendermi cura di voi. Prima di lui, che ancora mi incolpo ogni singolo giorno, dal momento in cui apro gli occhi la mattina, per non essere riuscito a trattenere alla mia stretta, per aver permesso che quella macchina, impazzita, ce lo portasse via per sempre…E poi di te, mia dolce Marianna, che da quel giorno non hai più detto una parola, se non qualche discorso insensato e monosillabico…Che da quel giorno non hai più toccato cibo, se non la domenica quando ci veniva a trovare tua madre per riordinare casa, la nostra casa, quella di cui avevi smesso di prenderti cura, quella in cui tu continuavi a vivere, si, ma come un fantasma, che si aggira per le segrete di un castello antico, buio e disperso nel tempo e nello spazio.
Fa veramente caldo, oggi. E non posso nemmeno accendere il condizionatore perché anche quello, Marianna mia, si è rotto. Di 25 agosto, proprio non ci voleva!
Mentre scrivo, ogni tanto, do un’occhiata fuori la finestra, che il sole è talmente forte e accecante da distrarmi…E allora mi dico – sai che c’è? – Io me ne vado al mare, la metro è qui, sotto casa…Poche fermate e prenderò il trenino…E se dovessi arrivare che il sole sta tramontando, poco male…Lo guarderò calare dietro l’orizzonte in silenzio e, stavolta, per una volta, sarò felice.
So che anche voi due vedrete lo stesso tramonto, magari da un’altra prospettiva…Ma porterò lo stesso un asciugamano più grande, non si sa mai vi venga voglia di raggiungermi.
E porto anche questa lettera con me, la chiudo in una bottiglia e l’affido alle onde del mare. Lui, saprà cosa farne.
Ti saluto, amore mio, mia piccola Marianna, e ti faccio una promessa, l’unica che ancora mi sento di riuscire a mantenere: sarò forte anche per te, rimarrò in questo mondo, che a volte ci mette di fronte ad ostacoli che sembrano insormontabili, che lo sono davvero…Ma che ho deciso di voler provare a superare. E lo farò per entrambi. Giuro che ci proverò.
Con la speranza di riabbracciarti, un giorno.
Tuo per sempre,
R.
