2019 | Lettera alla mia città
Alba Gallo
Lettera finalista nella categoria Lettera alla mia città.
La vita, la vita è quell’insieme di apotropaici, sfigati ‘figurati se capita a me’ che – quando ti capitano – devi solo augurarti di uscirne indenne.
Prendiamo me, per esempio: dopo la laurea solo idee grandiose, a tratti megalomani: un lavoro fighissimo in una città strafighissima, a seguire: un matrimonio, una casa, un cane, due figli e… e no, nessun ferito. E’ andata esattamente così. Nei miei sogni.
Cara la mia città, ti scrivo… così mi distraggo un po’, dato che oggi è pure domenica e non ho granché niente da fare. O meglio, qualcosa ce l’avrei, ma nevica e le tue strade sono bianco Dash e lo spazzaneve un apostrofo nero nell’imprecazione “ma va’ a cagare”.
Cara la mia città, ti odio: dopo otto lunghi anni di convivenza forzata, è giunto il momento di rinfacciarti – amichevolmente – tutto. E chiariamo: non che non ami la neve. Magari in cartolina. Del resto cosa pretendere se, dopo trentaquattro splendidi anni di vita al mare, proprio non riesco ad amarla, la montagna? La montagna, la montagna e quel suo clima così, così… gelido; le temperature, le temperature così dannatamente… polari?! Come faccio io a non amare la montagna?! Io, io che nel sangue ho i cavallucci marini al posto dei globuli rossi, io che al primo freddo di… agosto già intòno un apotropaico Jingle Bells.
Ancora ricordo la prima volta in cui ti ho incontrato: avevo appena ventisei anni ed una guida non molto esperta. Prendo la prima uscita: entro e peccato che anche il navigatore… si perde. Acceleravo, quando ti passavo sotto, sulla Basentana, e mi auguravo di non capitarvici mai dentro. Manco per scherzo. Sa essere infame, a volte, la vita. Ma nel mio caso ha un pochetto esagerato. Ma andiamo avanti.
Si sarà poi trattato di fortuite coincidenze (altrimenti dette “sfiga”), ma – tant’è – da quando sei entrata nella mia vita, mi sono capitate sciagure a profusione: dalla macchina “sparita”, ai chili presi al fidanzato perso. Per tutto questo e tanto altro, ancora grazie. E a tutti quelli che: “Vedrai: le cose cambiano”, il mio più sentito vaff… ringraziamento.
Cara la mia città, non ti prometto amore, ma tanto, tanto bene, quello sì. Sei e sarai sempre una la più clamorosa casinista che abbia mai conosciuto: hai fatto più disastri tu, nella mia vita, che i miei mettendomi al mondo.
Cara la mia città, non ti amo ma ho imparato a volerti bene. O quantomeno… finché mutuo non ci separi.
