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Edizione 2015

Le lettere di pancia per inaugurare l’XI edizione del Festival delle lettere

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Ieri, con lo spettacolo Lettere di Pancia, è ufficialmente iniziata l’XI edizione del Festival delle lettere: un’ora e mezza di momenti divertenti e altri più toccanti, che hanno visto alternarsi l’ironia di Alessandra Faiella all’emozione suscitata in tutto il pubblico dalla lettura, da parte di Stefano Annoni, di alcune tra le più belle Lettere di Pancia ricevute quest’anno.

Lo spettacolo è stato preceduto dall’inaugurazione della Mostra delle Buste Dipinte, allestita nel foyer del Teatro Litta, a cui hanno partecipato sia il Presidente che il Direttore Artistico del Festival, insieme alle curatrici della mostra e ai rappresentanti di CasaOz Associazione Onlus, in favore della quale saranno vendute le buste trasformate in vere e proprie opere d’arte.

Sempre nel foyer è stato collocato un tavolo, simbolo di condivisione e di annullamento di distanze e differenze, che nell’arco della giornata i calligrafi dell’Associazione Calligrafica Italiana hanno apparecchiato con parole e frasi particolarmente in sintonia con il tema del Festival e i messaggi che da sempre la manifestazione e il progetto Writing the distance cercano di diffondere.

Pancia, sensazioni profonde e parole impresse su carta sono poi protagoniste di una mostra fotografica, visitabile fino a domenica 11 ottobre, in cui sono esposte immagini che ritraggono le emozioni suscitate dalle lettere finaliste nei volti e negli occhi di alcuni lettori, scelti dalla fotografa Annalisa Urti per provare a raccontare i loro sentimenti e le loro reazioni davanti a una lettera.

Gli appuntamenti del Festival continuano questa sera, con l’esclusivo spettacolo a cura de La Buoncostume sullo scontro tra lettera ed email, tra tradizione che continua e modernità che avanza. Vi aspettiamo dalle 21 al teatro Litta.

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Edizione 2015

Lettera d’oro 2015

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LETTERA DI PANCIA

di Caterina Baccaro

Mia cara pancia,

tu ed io siamo sempre andate d’accordo, sin dai primordi. Quando sono nata pesavo più di cinque chili, e tu c’entravi parecchio, tonda e soda com’eri.

Crescendo mi sono snellita, ma tu sei rimasta prominente. Quando zia Maria, la sarta della famiglia, mi misurava i vestitini, si disperava perché, anche se tagliati e cuciti con cura, si alzavano sempre davanti; lei mi diceva di tenere dentro la pancia, ma tu da quell’orecchio proprio non ci sentivi.

Non ti preoccupare, cara pancia mia, non sto sbagliando tutto, so che dovrei scrivere una lettera “di pancia” e non una lettera alla pancia, non è una svista, un interpretazione errata, è una scelta, so quello che faccio, stai tranquilla.

Il tempo è passato, sono diventata una ragazza e tu, pancia, sempre soda, ma non più prominente, quando mi sdraiavo l’estate sulla spiaggia quasi scomparivi, godendoti il sole bella spianata.

I momenti particolari fra te e me sono stati tanti: la granita di caffè al Motta di Bari dopo i trenta agli esami universitari, e con doppia panna se c’era stata anche la lode; i ricci pescati e gustati sugli scogli di Rosamarina, sciacquati nell’acqua ancora limpida di sessant’anni fa. Se poi ne avevamo pescati tanti, ti ricordi?, ci riunivamo per una spaghettata olio agli e ricci sul tavolo di pietra sotto l’albicocco.

E i fioroni colti direttamente dai rami carichi dopo una pioggia tintinnante sulle foglie ruvide, e le pesche spaccatelle con le guance di ragazza, e i grappoli neri di ottavianello e chiari e dorati di fiano e verdera.

Non avrai certo dimenticato le gran mangiate di verdure selvatiche appena colte, di cardoncelli, di lampascioni fritti a rosa, di parmigiane di melanzane, di zucchine o di carciofi, le pucce con le cipolle, i pomodori e le olive, il pane appena sfornato dal forno a legna della casa di mare, le patate cotte sotto la cenere calda, sale, pepe e olio, le teglie di riso patate e cozze, le alici farcite impanate e fritte, l’acquasala, le frise, i tarallini olio e vino…

Ce la siamo veramente spassata, mia cara, senza però mai eccedere, senza strafare, cercando sempre di godere delle buone cose prodotte in loco, a chilometro zero si dice oggi, trattate con mano leggera nella preparazione e nei condimenti.

In questi anni si fa un gran parlare di dieta mediterranea, ma tu ed io l’abbiamo sempre conosciuta e applicata.

Ora abbiamo settantacinque anni, i due figli che tu hai custodito amorevolmente per nove mesi (sono stato tra i più belli della mia vita e, per te, un trionfo, alla fine eri enorme, sembravi una mongolfiera) ora sono adulti e lontani.

Io sono caduta più volte con lesioni e fratture di costole, femori e radio.

Da un mese ti sto bucando per iniettarti ogni giorno una dose di enoxaparina sodica, perché dopo la rottura del secondo femore potrebbe partire un embolo, e allora ce ne andremmo, io e te, quindi, anche se sembri una grattugia o una faccia di bimbo con il morbillo, mi sei sempre simpatica, forse, se possibile, di più, e spero che continueremo ancora per un bel po’ il nostro sodalizio. Conviene anche a te, no?

Del resto, anche adesso che giro per casa con due stampelle, preparo ugualmente dei buoni pranzetti e non ti faccio certo mancare frutta e verdura di stagione, orecchiette, cacioricotta, pomodoro fresco e basilico del balcone, crostate di composte casalinghe, gelati, sorbetti, granite e mousses.

E le angurie fresce, e i meloni, e le pere di masseria, e le prugne, e le fragole, e le serate in pizzeria con la pizza “spettacolo” o “boh”? Basta, andiamo avanti così e non rattristiamoci per il tempo che passa. Lui deve passare, è il suo compito, e noi lo lasciamo passare.

Stammi bene.

Caterina tua

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Edizione 2015

Una lettera che supera le distanze tra generazioni trionfa nella categoria a tema libero

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Ecco la lettera vincitrice della categoria tema libero scritta da Giovanna Lodrini, interpretata domenica 11 ottobre al Teatro di Milano dall’attrice Laura Marinoni.

Vanzaghello, 26 gennaio 2015

Ciao Andrea,

grazie di essere dei nostri ai corsi Auser.

Ti vogliamo bene e una folata di rinnovamento, in tutti i sensi, ci voleva anche da noi.

Ti conosco da quando, bambino, frequentavi l’Allea, poi la tua mamma si è dedicata ai gelati e ti ho perso di vista.

Con sommo rispetto, ho sentito parlare di te successivamente, comprendendo che, incontrandoti, ti avrei trovato lontano dai miei canoni di riferimento. E così fu.

Quando ciò avvenne, di sfuggita, fui colpita da alcune tue singolarità, ma, soprattutto dai grandi divaricatori agli orecchi, come avevo visto solo su qualche atlante geografico…

Con simpatia, mi ricordo di averti incrociato mentre dalla Casa di Riposo andavo a prendere il treno. Tu stavi controllando la messa a punto di uno skateboard di tua produzione; occasione ghiotta per attaccar bottone e per vederti catapultare davanti a me, togliendoti gli auricolari: mi era andata di lusso!

“Certo, se i giovani possono divertirsi con queste tavolette, qualcuno dovrà pur realizzarle”, fu la mia considerazione mentre sparivi, disinvolto e leggero, nello scivolo della stazione.

Avendoti poi trovato accanto ad un corso ti ho studiato con cura, e i tuoi numerosi tatuaggi, i tuoi pantaloni leggeri pur nella stagione fredda, l’assenza delle calze e un paio di infradito ai piedi sono quanto ha subito attratto la mia attenzione: io mi sento infastidita da una manciata di lentiggini e soffro di geloni.

Successivamente, mi sono però accorta anche della tua lunga barba, che ti può capitare di accarezzare. Barba lunga fino alla cintola come quella di Confucio, che, raffigurato in un’immagine, è presente anche in casa mia.

E a questo punto, caro Andrea, dalla tua esteriorità passo alla tua interiorità, per esprimerti il mio pensiero, e cioè che, certamente, avrai percorso molta strada in solitudine, per giungere ad essere quello che sei. Una strada in salita, che giorno dopo giorno ti ha trasformato in ciò che sei oggi: un giovane che, se non ti avessi conosciuto da bambino, potrei solo concepire come un guru in visita all’Auser…

Per chi ha saldo il paraocchi sono strana, ma io, avendo lavorato molto su di me, posso fare spallucce. Cosa che, certamente, avrai imparato a fare anche tu sulle tue scelte.

Sappi, però, che al corso c’è buona predisposizione alla tua singolarità, che aiuterà tutti quanti a comprendere meglio l’unicità dei propri figli e dei propri nipoti, e a comprendere meglio il soffio della globalità che sta avanzando, anche da noi, con l’abbattimento delle frontiere.

Grazie, Andrea, per essere dei nostri.

 

Con affetto,

Giovanna

 

 

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Edizione 2015

La lettera vincitrice del premio speciale Writing the distance

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Ecco la lettera di Giacomo Addario, vincitrice del premio speciale Writing the distance istituito in occasione della collaborazione tra il Festival delle lettere e Taste of Milano.

6 giugno 2015

A Francesco (che mi fa venire il mal di pancia)

 

Caro Francesco,

ti scrivo, ti penso e te lo voglio dire: mi fai stare male, mi fai faticare ma non riesco più a stare senza l’IDEA che ho di te.

Sai che mi piace scrivere e sai che lo faccio volentieri, per te ancora di più.

Storie di mal di pancia sono le nostre, storie causate da tutte quelle mani e tutti quegli sguardi, che ci scambiamo e che devono per forza portare da qualche parte.

Ad essere sincero ti scrivo nella speranza di farti sentire queste parole.

Sai che quando ti sono vicino non riesco a parlare, sai che gli abbracci che mi dai sono tutto ciò di cui ORA ho bisogno. E poi, i tuoi occhi: mai visti degli occhi così profondi, così belli e fondamentalmente, così STRONZI.

Mal di pancia quando mi scrivi, mal di pancia quando mi guardi le mani.

Mal di pancia quando ti vedo scendere le scale della METRO e mi domando “chissà quando lo rivedrò?”.

Educato, carino e rispettoso. Tutt’altro che OSTILE ma profondamente STRONZO. Forse te l’ho già detto.

Ma continuerò a dirlo finché non sarai con me. E che dire, io sono qui e ti aspetto, lo sai, mi piace vivere con il mal di pancia e il mal di pancia che mi fai venire… poche volte nella vita.

 

Tuo,

Giacomo

 

 

 

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